venerdì 19 gennaio 2007

L'animale morente - Philip Roth

L’ animale morente – commento al romanzo di Philip Roth -

Un Philip Roth in grande forma.

Ironico, profondo, drammatico in questo breve romanzo che sbrigativamente si potrebbe definire far parte del filone erotico (Il Lamento di Portnoy). A me è sembrato, invece, un’appendice della ormai famosa trilogia, un tassello da aggiungere a quell’impeccabile affresco sull’America del dopoguerra (La Pastorale americana, Ho sposato un comunista, La macchia umana), che lo scrittore ci ha regalato negli ultimi anni.

Un uomo maturo si innamora, senza controllo, senza freni, di una donna molto giovane, molto bella, distaccata, intrigante.

Siamo negli anni sessanta. L’America vive l’esplosione della rivoluzione sessuale, il diffondersi di comportamenti per cui le ragazze “non avevano il terrore biologico dell’erezione, non temevano la trasformazione fallica dell’uomo”. E per David Kepesh (già protagonista del racconto visionario e comico, Il seno), tutto è facile. Esercita con grande naturalezza il suo fascino e il suo ascendente sulle allieve, le punta come un cane da caccia e le ghermisce senza lasciarsi sfuggire le occasioni che, peraltro, le ragazze gli offrono senza alcuna cautela, senza alcuna richiesta.

Man mano che si va avanti nella lettura, ci si accorge però che non è per raccontare questo che Roth fa parlare David di Consuela, del suo corpo perfetto e dei suoi seni, “i più belli che abbia mai visto”.

La trasformazione sociale, l’attrazione ossessiva per questa donna diventano lo spunto per profonde e dolorose riflessioni sulla vita che passa, sulla distanza incolmabile tra giovinezza e vecchiaia, “la ferita della vecchiaia”, sulla morte. Sì, per David, Consuela è un’idea fissa, un’idea di possesso, ma senza amore, né passione, né sentimenti. Parla di corpi, di contemplazione dei corpi, dei piaceri che la sola contemplazione può dare. E’ sui corpi che le trasformazioni del tempo si vedono, molto più che sui sentimenti. E parla dei seni di Consuela. I seni, simbolo del nutrimento, da cui il vecchio - e Roth sfida questa parola – si nutre usando il sesso come “vendetta sulla morte. Non dimenticarla, la morte. Non dimenticarla mai”.

Ma la relazione finisce per un banale pretesto, come è logico quando in campo non ci sono sentimenti. Passa del tempo. David ha settant’anni. E’ solo, la notte di fine millennio. Un messaggio sulla segreteria telefonica gli riporta, come da un’ epoca remota, la voce di Consuela che gli chiede di vederlo. David, vincendo deboli incertezze, la richiama e la rincontra. Lei è sempre bellissima, con uno strano cappello e un’aria più matura che la rende molto femminile. Si abbandona e gli confessa piangendo che ha un cancro al seno e che sarà operata, forse di una operazione radicale. I seni, i suoi magnifici seni. Chiede a David di fotografarglieli perché nessuno ha mai amato il suo corpo come lui. E lui si presta, vuole accontentarla in tutto. Ma sente di non desiderarla più.

Con un colpo di coda la vecchiaia si vendica sulla giovinezza. “Ora il suo senso del tempo è come il mio, incalzante e ancor più sconsolato del mio. Consuela in realtà, mi ha sorpassato. Perché io posso ancora dirmi non morirò tra cinque anni, forse non morirò tra dieci…potrei viverne ancora altri venti, mentre lei…”

David ha settant’anni, non può più prendere di quel nutrimento. I seni non gli servono più.

Il cancro, il grande giustiziere!

Leggo una lunga intervista a Philip Roth che sta per pubblicare un libro “sulla morte.” Lo scrittore dice di dover affrontare questo tema a cui non pensava da tempo.

Non sono d’accordo con Roth. Nell’Animale morente mi sembra che questo pensiero, insieme a quello della vecchiaia, sia molto presente, come è presente nella trilogia. Nella Macchia umana, le pagine che descrivono la morte di un amico morente cosa sono? E cosa sono i personaggi di Roth che si confrontano con la giovinezza, se non una malinconica, rassegnata riflessione sulla morte?

A me sembra che Roth si confronti continuamente con il pensiero della morte: fa da sottofondo anche quando scrive di altro.

Maria Grazia Mezzadri Cofano

1 commento:

fu_ma ha detto...

concordo solo in parte. mi sembra che il trascorrere del tempo con le inevitabili ripercussioni fisiche e psicologiche sia il principale oggetto del tema, la morte pur presente non rappresenta un vero argomento in questo romanzo. Al contrario in everyman il tema diventa principale